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Alessandro Manzoni

Suo la vita, le idee, il carme in morte di Carlo imbonati, gli inni sacri. In his time il romanzo storico, le tragedie

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Julia Jedlikowska Vita: Alessandro Manzoni è nato nel 1785 (mille-settecento-ottanta-cinque) è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo italiano, suo nonno materno Cesare Beccaria scrisse uno dei più importanti testi illuministi del panorama lombardo: "dei diritti e delle pene", suo padre Pietro Manzoni apparteneva ad una famiglia nobile, anche se si pensa che non sia il padre naturale, anche se Manzoni lo accetta come figlio. Alessandro Manzoni visse in un collegio religioso per tutta la sua infanzia ed adolescenza, poi si trasferì dal padre. La madre, che lo abbandonò in giovane età viveva in Francia, dove si era innamorata di Carlo Imbonati, con il quale viveva, ed è proprio lui che lo invitò a trovarli. Imbonati morì nel 1805 (mille-ottocento-cinque) e Manzoni scrisse la famosa ode "in morte di Carlo Imbonati". In Francia conobbe Fauriel, con cui restò amico per molti anni, sua madre gli trovò una moglie: Enrichetta Blondel. Supportò la politica di Napoleone, e nel giorno del suo matrimonio, dopo che scoppiarono dei mortaretti si creò un'agitazione generale che portò Manzoni a perdere di vista Enrichetta, esso si rifugiò nella chiesa di San Rocco dove iniziò a pregare per la prima volta, e infine ritrovò la moglie. Così iniziò la sua conversione. Conobbe Degola tramite la moglie e seguì le sue lezioni, una volta tornato in Italia Degola affidò a Luigi Tosi il compito di proseguire e seguire la sua formazione religiosa. Uno dei periodi di massimo splendore per Alessandro Manzoni di certamente il quindicennio creativo (1812-1827/mille-ottocento-didici/mille-ottocento-venti-sette), scrisse: gli inni sacri, le odi civili, il Fermo e Lucia e infine i promessi sposi. Ebbe molto successo dopo la pubblicazione del suo romanzo, che gli permette di conoscere moltissimi scrittori, filosofi e letterati. Non scrisse altro, per molti anni 1827-1873 (mille-ottocento-venti-sette/mille-ottocento-settanta-tre), in questo periodo muoiono Enrichetta ('33) sua figlia Giulia ('34), sua figlia Cristina ('41), sua madre Giulia ('41) e Fauriel ('44) inoltre nel '37 si sposa con Teresa Borri. Nel '48 si esilia, per paura degli Austriaci, si rifugia a Lesa dove Teresa aveva una villa. Qui sente la necessità di trovare la "verità oggettiva", scrive così: dell'invenzione dove espone le differenze tra inventivo e historia. Muore nel 18573(mille-ottocento-settanta-tre) a Milano.
Divya01 A bit about generaly and after what about manzoni, what he done, and what he thought
Julia Jedlikowska Idee: È importante in Mansioni evidenziare il pensiero illuminista: sviluppatosi principalmente durante il suo soggiorno in Francia, era scettico riguardo alla religione e sosteneva che la libertà fosse fondamentale, la sua guida. Dopo la conversione riconosce il ruolo civile del letterato. Il primo carattere romantico in Manzoni emerge negli Inni sacri: dove abbandona le sue idee per dare spazio ad una situazione nella quale il suo grido di speranza e la fiducia in Dio sono elevati, utilizzando una moltitudine di uomini che hanno un sentimento religioso e la cui la cui anima e i moti del cuore vengono attenzionare, questi sono tutti elementi che possono essere identificato nel movimento romantico, inoltre Manzoni non accetta le regole aristoteliche di azione, luogo e tempo (l'azione compita dai protagonisti dev'essere una, tipo una battaglia, i luoghi devono essere pochi e vicini all'ambiente in cui avviene l'azione e i tempi devono essere brevi, questo poiché il lettore rischia di confondersi con trame complicate). All'inizio dell'ottocento Manzoni non sostiene più l'idea secondo cui la serenità si ottiene tramite la ragione, invece inizia a pensare che bisogna trovare una guida spirituale che accompagna l'uomo sia in vita che in morte, un questo periodo infatti è fortemente influenzato da Pascal e da Bossuet: a loro Manzoni si ispira e si convince che il cristianesimo è l'unica spiegazione possibile della natura umana. Da qui possiamo trovare anche la motivazione del pessimo di Manzoni, infatti egli sostiene che l'uomo è per natura messo sempre alla prova e la provvidenza arriva in aiuto alle ingiustizie terrene per fare ottenere giustizia in cielo e perciò il male fa parte della vita ed è anche necessario alla salvezza eterna. Il pessimismo generale è aumentato dal giansenismo di Manzoni che l'uomo per natura è corrotto quindi destinato a commettere il male. Manzoni sostiene che ogni opera deve essere verosimile, e che deve avere una morale di radice cristiana, infatti Manzoni ricerca quei personaggi in grado di opporsi al male della vita anche sacrificandosi. Per quando riguarda la lingua Manzoni è alla ricerca di una lingua che può essere capita da tutti, infatti presenta molti termini del volgare Toscano.
Julia Jedlikowska
Julia Jedlikowska Il carme in morte di Carlo Imbonati: È un componimento in endecasillabi sciolti, scritto da Manzoni nel 1805 in occasione della morte di Carlo Imbonati (il nobile che conviveva con la madre Giulia Beccaria a Parigi, dove il giovane Alessandro si trasferì subito dopo). Il carme è una sorta di dialogo morale con Carlo Imbonati, che aveva avuto come precettore Parini e che intendeva proseguirne l'impegno morale: per il giovane Manzoni diventa una sorta di maestro di vita e di letteratura, in modo assai simile a Parini stesso la cui influenza sul pensiero dello scrittore sarà sempre molto importante. Manzoni immagina che l'Imbonati gli appaia in una sorta di visione notturna e, dopo uno scambio di battute in cui i due esprimono la stima reciproca e il dolore per la forzata separazione, il giovane Alessandro chiede al defunto Carlo di indicargli la strada da percorrere per giungere alla gloria poetica: l'anima dell'antico maestro risponde che dovrà meditare profondamente, accontentarsi di poco, mantenere la purezza della mente e delle azioni, non asservirsi ai potenti, e, soprattutto, non tradire mai il "santo Vero", né pronunciare mai una parola "che plauda al vizio, o la virtù derida". In sostanza Manzoni affida all'Imbonati i termini essenziali della sua poetica e della sua vita morale, poi espresse in gran parte della sua produzione letteraria e che preludono alla successiva conversione religiosa, che evidentemente già maturava in quegli anni. Il testo risente ancora della formazione settecentesca e neoclassica di Manzoni e in alcuni passaggi eccede un poco in retorica, il che si spiega anche con la giovane età dell'autore che negli anni seguenti porterà a compimento un processo di maturazione stilistica e poetica.
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Julia Jedlikowska Gli inni sacri: Sono una serie di poemetti di argomento religioso, dedicati a momenti salienti della liturgia cristiana e composti da Manzoni nel periodo immediatamente seguente alla conversione: nel 1812-15 scrisse i primi quattro, intitolati rispettivamente La Risurrezione, Il nome di Maria, Il Natale, La Passione, che vennero pubblicati nel 1815. Essi avrebbero dovuto far parte di un progetto più ampio comprendente in tutto dodici componimenti (oltre a questi gli altri dovevano essere L'Epifania, L'Ascensione, La Pentecoste, Il Corpo del Signore, La Cattedra di San Pietro, L'Assunzione, Ognissanti, I morti), ma tale progetto rimase incompiuto a causa delle difficoltà incontrate dall'autore già nella stesura dei primi quattro, soprattutto della Passione; in seguito completò solo La Pentecoste, pubblicata nel 1822, mentre di Ognissanti venne pubblicato solo un frammento molti anni dopo. È collegato agli Inni sacri anche il frammento Natale 1833 (dedicato alla morte della moglie Enrichetta Blondel), anche se non faceva parte del programma iniziale dell'opera. Il progetto complessivo si colloca negli anni della conversione religiosa di Manzoni e, quindi, del suo ritorno alla fede cristiana, verso la quale fino a quel momento aveva ostentato una certa indifferenza: è il momento dell'abbandono delle poetiche neoclassiche ancora abbracciate nel poemetto Urania (poi rinnegato), per cui Manzoni intende sostituire ai vuoti e inconsistenti miti classici quelli della fede cattolica, in grado secondo lui di creare una sorta di nuova "epica" tale da interessare un vasto pubblico. Le difficoltà nascono nelle scelte linguistiche e di stile e, soprattutto, in quelle metriche, dato il tentativo dell'autore di rifarsi alla tradizione "popolare" di Metastasio e delle sue ariette con versi brevi e cantabili, per cui ne deriva un certo sperimentalismo formale che, tuttavia, raggiunge risultati elevati solo in alcuni testi e altrove produce soluzioni alquanto impacciate. Dal punto di vista del contenuto il Cristianesimo di Manzoni sembra ispirarsi ad alcuni capisaldi dell'Illuminismo, specie per quanto riguarda l'uguaglianza degli uomini nella loro fede in Cristo e la condanna morale di ogni oppressione, mentre sul piano squisitamente religioso la divinità è presentata come caritatevole e soccorritrice, ma anche nei suoi aspetti vetero-testamentari di terrore e punizione degli uomini (elemento ancora presente, almeno in parte, in alcune Odi e nelle tragedie). Un certo equilibrio compositivo è raggiunto pienamente solo nella Pentecoste, ma siamo ormai negli anni della stesura del romanzo e questo spiega forse perché il progetto complessivo degli Inni sacri venga in seguito abbandonato dallo scrittore.
Julia Jedlikowska Tragedia 1, Conte di Carmagnola:È una tragedia scritta da Manzoni nel periodo 1816-1820, ambientata nell'Italia del XV secolo e avente come protagonista Francesco di Bartolomeo Bussone, conte di Carmagnola e capitano di ventura al servizio prima dei Milanesi e poi di Venezia: nella tragedia si narra della battaglia di Maclodio (1427) vinta dai Veneziani grazie all'abilità militare del Carmagnola, il quale in seguito libera alcuni prigionieri milanesi in accordo con il diritto di guerra (il suo gesto, ispirato da umana pietà, viene tuttavia interpretato dal senato veneziano come un tradimento, anche perché l'uomo era stato in precedenza al servizio dei nemici milanesi e la moglie Antonietta è imparentata col duca di Milano, Filippo Maria Visconti). Il Carmagnola è dunque imprigionato e condannato a morte per tradimento, vittima di oscuri intrighi politici (il presunto tradimento è il pretesto con cui il senato di Venezia vuole liberarsi di un personaggio troppo potente e scomodo) e alla fine, pur proclamandosi innocente, l'uomo perdona i suoi aguzzini e affronta la morte con la consolazione che gli deriva dalla fede cristiana, in modo dunque assai diverso dal tipico comportamento dell'eroe tragico. La vicenda personale del Carmagnola è per Manzoni esemplare della parabola di un uomo che giunge a un alto grado di potere e in seguito cade in disgrazia, trovando infine conforto nella religione e nella fede cristiana (in modo analogo, dunque, alla figura di Napoleone nel Cinque maggio): l'autore è convinto dell'innocenza storica del Bussone e la sua storia è un mezzo per affrontare il tema del contrasto insanabile tra morale cristiana e ragion di Stato, questione al centro anche della successiva tragedia Adelchi e di molti episodi del romanzo. Nella vicenda è presente anche un personaggio di fantasia, il senatore veneziano Marco che, pur essendo fedele amico del protagonista, alla fine lo tradisce e si sottomette riluttante alla logica spietata del potere, non rivelando al Bussone la trama che lo porterà alla prigionia e alla morte. Nel testo, scritto in endecasillabi sciolti in ossequio alla tradizione della tragedia alfieriana e settecentesca, è presente l'elemento di novità rappresentato dal Coro, ovvero un brano poetico alla fine dell'Atto III separato dalle parti recitate, in cui l'autore descrive la battaglia fratricida di Maclodio (sono ottave di versi decasillabi, forma metrica analoga all'ode Marzo 1821): ciò sarà oggetto delle critiche negative alla tragedia da parte dello studioso francese Victor Chauvet, unitamente al fatto che Manzoni non rispetta le cosiddette tre unità aristoteliche e in particolare quelle di luogo e tempo, in quanto la vicenda si snoda nell'arco di vari mesi. L'autore risponderà con la famosa Lettera al Signor C.*** pubblicata nel 1823, in cui riprende alcune considerazioni già esposte nella Prefazione alla stessa tragedia e che si possono riassumere in questi punti: egli respinge le cosiddette unità aristoteliche in quanto, a suo dire, non hanno un reale fondamento nella Poetica di Aristotele e costringono lo scrittore a concentrare le vicende narrate in un tempo troppo breve (è già evidente il respiro "romanzesco" che Manzoni intende dare alla narrazione, preludio alle successive scelte letterarie); afferma che è possibile conciliare storia e invenzione, creando un dramma moralmente accettabile e interessante per il lettore; difende la scelta di introdurre nella tragedia il Coro, definito come il "cantuccio" riservato al poeta in cui egli può esporre le sue personali considerazioni sulle vicende rappresentate (il che prefigura le frequenti digressioni inserite poi nel romanzo). La tragedia è significativa anche perché da essa emerge quell'interesse crescente per la storia che sempre più ampio spazio troverà nella riflessione letteraria di Manzoni e che di lì a pochi anni si concretizzerà nella stesura del romanzo, accanto all'opera storiografica che dopo i Promessi sposi diventerà preminente nell'attività dello scrittore.
Julia Jedlikowska Tragedia 2, l'Adelchi: È la seconda delle due tragedie scritte da Manzoni, successiva al Conte di Carmagnola (1820) e risalente al periodo 1820-1822: è ambientata nell'Italia settentrionale del 772-774 d.C. e narra le vicende che portarono alla discesa dei Franchi di Carlo Magno e alla sconfitta di Desiderio, ultimo re dei Longobardi, di cui Adelchi è il figlio. Rispetto al Carmagnola, qui l'autore deforma in parte la verità storica dei fatti, facendo sì che il protagonista Adelchi muoia combattendo contro i Franchi invasori (mentre nella realtà egli fuggì a Costantinopoli da dove tentò poi di rientrare in Italia), mentre trasforma la sorella Ermengarda, ripudiata da Carlo, in una sorta di eroina romantica vittima di una travolgente passione per il marito che la porterà alla morte. Anche questa seconda tragedia non rispetta le cosiddette unità aristoteliche (la vicenda si snoda nell'arco di circa due anni, spazia fra molti luoghi dell'Italia settentrionale...) e presenta due Cori, di cui il primo chiude l'Atto III e descrive la calata dei Franchi in Italia, mentre il secondo è all'interno dell'Atto IV e racconta la morte di Ermengarda. Il testo rivela il crescente interesse dell'autore per gli studi storici, in parallelo con la stesura del Fermo e Lucia iniziato nel 1821, ed è in un certo senso accompagnato dal saggio storico Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia (1822), in cui afferma che lo storico dovrebbe interessarsi alle masse popolari oltre che ai potenti e in cui respinge la valutazione positiva della dominazione dei Longobardi in Italia, elogiando per converso il ruolo attivo del Papato nel prendersi cura delle popolazioni italiche sottomesse prima alla tirannia dei Longobardi e poi al dominio franco (è questo il cosiddetto "dramma di tre popoli", oggetto del primo Coro della tragedia e alla luce del quale Carlo è mostrato come un conquistatore cinico e calcolatore, sempre pronto ad obbedire alla ragion di Stato e all'opportunismo politico).
Julia Jedlikowska What do you mean by "in his time il romanzo storico"? Like the general situation of the development of the historical romance? Or the Manzoni's thoughts about it?